Diario minimo dei giorni
«E non si creda che sia una mania.
Ma ho avuto modo di osservare che,
quando uno ha una medaglia,
tutti lo guardano e si fanno
da parte con rispetto.»
La Milano che fa da sfondo alle pagine di questo libro (scritto negli anni Cinquanta e destinato alla celebre collana dei “Gettoni” che Elio Vittorini dirigeva per Einaudi) è una città in sottovoce, umile e lirica come un film in bianco e nero, osservata con gli occhi di un ceto impiegatizio che si muove dentro un orizzonte invernale e di periferia. È un luogo che respira secondo i ritmi di una vita divisa tra uffici, scali merci e condomini, ai margini di una coscienza storica ancora prigioniera della condizione di subalternità, dove la nebbia protegge e accarezza il piccolo poema familiare che avrebbe dovuto segnare, alla preistoria della produzione in dialetto, il debutto narrativo di Franco Loi.
Racconto di testimonianza più che d’invenzione, “Diario minimo dei giorni“ si offre a ritratto di un dopoguerra dai contorni tumultuosi, di un tempo breve e quotidiano, di una stagione in abiti lisi; ma è anche la fotografia di un’epoca che, accanto al mito del lavoro, sperimenta i miraggi di un vagheggiato benessere e le iniziali inquietudini fra le generazioni dei padri e dei figli. Per la prima volta in libreria e con sessant’anni di ritardo rispetto al periodo in cui se ne caldeggiava la pubblicazione, il libro conserva la validità di un documento e insieme preannuncia il profilo di uno scrittore che non avrebbe mai smesso di guardare con incantato realismo alla civiltà del presente e che – suggerisce Cesare De Michelis nella postfazione – «si rivela critico accorato del moderno». [Giuseppe Lupo]
15,00€
Descrizione
«E non si creda che sia una mania.
Ma ho avuto modo di osservare che,
quando uno ha una medaglia,
tutti lo guardano e si fanno
da parte con rispetto.»
La Milano che fa da sfondo alle pagine di questo libro (scritto negli anni Cinquanta e destinato alla celebre collana dei “Gettoni” che Elio Vittorini dirigeva per Einaudi) è una città in sottovoce, umile e lirica come un film in bianco e nero, osservata con gli occhi di un ceto impiegatizio che si muove dentro un orizzonte invernale e di periferia. È un luogo che respira secondo i ritmi di una vita divisa tra uffici, scali merci e condomini, ai margini di una coscienza storica ancora prigioniera della condizione di subalternità, dove la nebbia protegge e accarezza il piccolo poema familiare che avrebbe dovuto segnare, alla preistoria della produzione in dialetto, il debutto narrativo di Franco Loi.
Racconto di testimonianza più che d’invenzione, “Diario minimo dei giorni“ si offre a ritratto di un dopoguerra dai contorni tumultuosi, di un tempo breve e quotidiano, di una stagione in abiti lisi; ma è anche la fotografia di un’epoca che, accanto al mito del lavoro, sperimenta i miraggi di un vagheggiato benessere e le iniziali inquietudini fra le generazioni dei padri e dei figli. Per la prima volta in libreria e con sessant’anni di ritardo rispetto al periodo in cui se ne caldeggiava la pubblicazione, il libro conserva la validità di un documento e insieme preannuncia il profilo di uno scrittore che non avrebbe mai smesso di guardare con incantato realismo alla civiltà del presente e che – suggerisce Cesare De Michelis nella postfazione – «si rivela critico accorato del moderno». [Giuseppe Lupo]
Informazioni aggiuntive
Autore | |
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ISBN | 978-88-98983-01-8 |
pagine | 184 |
anno | 2015 |
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